Blasioli: "Il Salva Casa non è una semplice sanatoria. Rischio cementificazione Pescara"
04 giugno 2025 - 18:19
(ACRA) - Il vicepresidente del Consiglio regionale, Antonio Blasioli, scrive: "Mercoledì 11 giugno andrà in Consiglio regionale la cosiddetta legge 'Salva Casa', un disegno che, perlomeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto dare applicazione sul territorio regionale alle norme del Decreto Legge 69/2024, convertito in legge il 24 maggio 2024 - ormai quindi più di un anno fa , che consente di sanare alcune difformità edilizie e costruttive. Tuttavia, le norme che riguardano il Salva casa sono compendiate in soli 3-4 articoli dei 23 totali. E uno di questi, l’art. 5, si è reso necessario perché quattro anni fa, con un provvedimento c.d. “taglia leggi”, il Consiglio regionale aveva erroneamente abrogato la L.R. 52/1989 lasciando la nostra Regione, unica in Italia, senza una legge che disciplinasse le variazioni essenziali, cioè le difformità tra il progetto approvato e quello realizzato. Dopo 4 anni in cui i Comuni si sono visti costretti ad interpretare caso per caso tra incertezze e ambiguità, la Regione prova a porre rimedio a questa situazione. Il progetto di legge licenziato dalla Commissione presenta tuttavia due difetti tipici del modus operandi del centrodestra. Intanto è stato completamente stravolto rispetto al testo originariamente presentato, e poi contiene norme che nulla hanno a che vedere con il “Salva Casa”, poiché attengono con ogni evidenza alla legge urbanistica. Abbiamo già espresso tutte le nostre perplessità in relazione al recupero delle aree industriali dismesse per la media-distribuzione di vendita (fino a 2500 mq), preoccupazioni che condividono anche le organizzazioni di categoria come Confesercenti - audite tra l’altro solo a seguito di nostra richiesta –, per cui non mancheremo di mostrare in aula una ferma opposizione dato che sappiamo quanto queste nuove superfici di vendita possano contribuire alla crisi delle piccole attività commerciali e anche la nostra città è tra le più colpite nel suo tessuto commerciale. Ci sono però due aspetti, in ambito appunto urbanistico, che ci preoccupano non poco e che i cittadini di Pescara meritano di conoscere. Data la rilevanza, potremmo dire di trovarci di fronte non tanto ad un “salva casa” ma ad un “distruggi Pescara”. Infatti, all’interno del testo di legge vi sono norme che rappresentano un chiaro tentativo di mettere una pezza alla clamorosa bocciatura, prima del TAR e poi del Consiglio di Stato, della Delibera di Consiglio comunale n. 20/2023. Ovvero l’atto con cui, in maniera generica e senza alcuna motivazione – secondo la magistratura amministrativa -, il Comune ha concesso l’applicazione degli incentivi del Decreto sviluppo a quasi l’intero territorio comunale, comprendendo anche la zona costiera che la Delibera di Consiglio Comunale del 2017 aveva escluso. Col risultato che il Decreto sviluppo recepito dalla L.R. 49/2012 è stato applicato in maniera del tutto indiscriminata, senza standard (che potevano essere monetizzati) e senza alcun ricorso ai Piani particolareggiati. Chi ha letto le motivazioni delle sentenze del TAR sa a cosa ci riferiamo. Parliamo di norme che, in poche parole, hanno consentito l’aumento del 65% delle volumetrie attraverso la demolizione e la ricostruzione. Le sentenze hanno avuto modo peraltro di mettere in rilievo come questi aumenti di volumetria non fossero mai diretti alla riqualificazione di aree degradate a seguito di uno studio o di una pianificazione, ma quasi sempre, come nel caso di via Oberdan, di singoli edifici, tra l’altro non necessariamente in stato di abbandono. Per il centrodestra però quella Delibera del 2023 evidentemente non è abbastanza, perché con le modifiche che intende apportare riuscirà a superare i rilievi della magistratura amministrativa. La norma introduce infatti, all’articolo 10 comma 1 lettera b, la possibilità di attuare il Decreto sviluppo anche sul singolo edificio “degradato”, in deroga ad altezze e distanze. Insomma, è più che concreto il rischio di una nuova ed ingiustificata cementificazione di Pescara. Anche perché nel testo non si chiarisce nemmeno cosa si intenda per “degrado”, mai normato e definito da alcuna legge. Un’indeterminatezza che rischia di dare adito, in presenza di casi simili, a trattamenti difformi sia all’interno della città che tra Comuni confinanti. Il tutto avverrebbe inoltre con l’eliminazione dalla legge originaria di qualsiasi riferimento al Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, col risultato che, in materia di altezze e distanze, d’ora in poi si farà riferimento al più “permissivo” art. 2-bis del DPR 380/2001, che nei casi di demolizione e ricostruzione lascia praticamente campo libero sia sulle altezze, consentendo anche aumenti fuori sagoma, che sulle distanze, poiché per realizzare edifici di grande altezza non occorrerà più aumentare la distanza dagli edifici adiacenti ma solo rispettare quella esistente. Dietro questa serie di provvedimenti scorgiamo più che altro bulimia di cemento e abbandono di qualsiasi norma di pianificazione delle città. Come abbiamo sempre sostenuto, da parte nostra non c’è contrarietà alle norme del decreto sviluppo. Ciò che contestiamo è invece l’uso abnorme, fuori controllo e senza motivazione che se ne è fatto, anche perché dal 2019 il centrodestra in Regione Abruzzo ha ulteriormente aumentato le volumetrie premiali, andando ben oltre quanto previsto originariamente nel 2012. Se il Decreto sviluppo prevedeva un aumento del 20%, con la L.R. 49/2012 si è arrivati al 50 %, e poi al 65% attuale previsto con la L.R. 29/2020. C’è infine un’altra norma che ci spaventa e non poco. È presente sia all’art. 10 (entrando dunque nella normativa specifica di attuazione del Decreto sviluppo) che all’art.7 (entrando a tutti gli effetti nella legge urbanistica regionale), e prevede l’applicazione degli incentivi volumetrici anche per le zone sottoposte a vincolo paesaggistico e per gli immobili sottoposti a “tutela indiretta” ai sensi dell’art. 45 del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali). Una tutela prevista dalla normativa, che mira a salvaguardare particolari tessuti urbanistici e architettonici, e che nel 2019 la Soprintendenza ha imposto a Pescara sui 28 ettari del rione Pineta, compresi tra via La Figlia di Iorio e il Fosso Vallelunga. In sostanza, a partire da quella data, sugli immobili che insistono in questo tratto si può intervenire solo in maniera conservativa. Ovvero, ad esempio, si può demolire e ricostruire un edificio solo mantenendo la stessa sagoma, lo stesso volume e le stesse caratteristiche tipologiche e stilistiche del rione. Il centrodestra, evidentemente, deve considerarla una limitazione, perché con la nuova legge sarà possibile applicare la normativa del Decreto sviluppo anche in questa zona. Tradotto: si potrà demolire e ricostruire con il 65% dell’incentivo premiale previa valutazione positiva della Soprintendenza. Un’idea scellerata che rischia di snaturare uno dei pochi tessuti edilizi cittadini rimasti intatti e integri dal Piano Liberi. A testimonianza di quanto possa essere pericolosa questa norma, la stessa Soprintendenza, intervenuta in Commissione su mia richiesta, ha avuto modo di chiarire che la sua applicazione potrebbe esporla a numerosissimi ricorsi, oltre a quelli già intentati, che rischierebbero di rendere vano il vincolo in oggetto. Oggi abbiamo convocato questa conferenza stampa con i Consiglieri comunali di Pescara perché c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Occorre informare i cittadini e occorre in primo luogo la mobilitazione dell’Amministrazione comunale di Pescara, che non vorremmo un domani si svegliasse cadendo dal pero e attribuendo ogni colpa alla Regione". (com/red)